Purificazione delle Nadi
di Vincenzo Tallarico
Questa pratica è uno degli esercizi preliminari del Buddhismo tantrico, che si fa risalire agli insegnamenti « segreti » dello stesso Buddha Sakyamuni e, attraverso un lignaggio ininterrotto da 2500 anni, giunge ai Lama attualmente viventi, avendo avuto tra i più grandi Maestri del passato gli indiani Tilopa e Naropa e i tibetani Marpa e Milarepa.
Il nostro redattore Vincenzo Tallarico, autore dell’articolo, si è basato sugli insegnamenti di Lama Thubten Yesce nel corso sui « Sei Yoga di Naropa », svoltosi all’Istituto Lama Tsong Khapa di Pomaia (Pisa) dallo scorso 18 dicembre al 9 gennaio. Egli ha inoltre attinto agli insegnamenti del Ghesce Kelsang Ghiatso, pubblicati in inglese con il titolo: « Clear light of Bliss ».
Anche per questa pratica (come per quella di Vipassana presentata nel precedente quaderno), PARAMITA è a disposizione dei lettori, che avessero domande da formulare; sarà loro risposto in questa rubrica o privatamente dal Ghesce Ciampa Ghiatso, Lama residente all’Istituto Lama Tsong Khapa.
Per cogliere il vero senso e il reale beneficio dalla pratica che sto per descrivere,
occorre inquadrarla in un contesto ampio e farla uscire da un significato immediato di pura tecnica di rilassamento, che esaurisca i suoi benefici nella giornata o al massimo nella vita attuale. In effetti questa pratica di purificazione, se fatta giornalmente e in modo corretto, non solo porta vantaggi immediati di calma mentale, ma crea le condizioni per realizzare la perfetta concentrazione, necessaria per raggiungere la Buddhità. Il nome tibetano di questa pratica è: Lung-ro gu-trug sel-wa, che può tradursi letteralmente: I nove cicli (di respirazione) per eliminare le energie negative.
Secondo gli insegnamenti del Buddha, la nostra mente è associata ad un’energia sottile (sanscrito prana; tibetano lun), che circola in tutto il corpo attraverso migliaia di piccoli canali (sanscrito nadi; tibetano tza), privi di sostanza grossolana percepibile con i sensi o con gli attuali strumenti scientifici, ma con proprie precise caratteristiche psico-nervose. La relazione tra coscienza o mente e il prana è simile a quella tra un cavaliere e il suo cavallo: la mente cavalca il prana.
Entriamo nel corpo della pratica, con la descrizione degli esercizi preparatori. Il meditante pulisce il posto in cui si appresta a meditare, lo rende piacevole e ordinato; può essergli utile collocare davanti a sè una immagine di Buddha Sakyamani o altri simboli che gli siano di ispirazione. Si mette seduto nella posizione di padmasana (v. PARAMITA 1)
La pratica vera e propria comincia con la «presa di Rifugio», recitando una formula con cui il meditante esprime la propria fiducia nelle qualità di Buddha, negli insegnamenti del Dharma e nella comunità del Sangha. Segue la realizzazione di Bodhicitta (mente della illuminazione), affinché la pratica sia mahayana: il meditante riflette con onestà e consapevolezza sulla motivazione della pratica che sta per fare, entrando nella determinazione di praticare questa meditazione per diventare un essere totalmente realizzato (Buddha), al solo scopo di possedere i mezzi abili per fare il bene di tutti gli esseri senzienti.
Si devono quindi visualizzare (o, nelle prime sedute, quando la visualizzazione è ancora difficile, si possono anche soltanto immaginare) all’interno del corpo tre canali o nadi: uno centrale e due laterali. La nadi centrale (sushumna) parte dal punto della fronte tra le sopracciglia, alla radice del naso, segue la curva del cranio internamente ad esso fino alla sua sommità e da qui scende diritta fino alla base della colonna vertebrale, mantenendosi ad una distanza di circa quattro dita davanti ad essa. Sushumna è colorata all’esterno di blu chiaro e possiede quattro caratteristiche: è molto diritta, come canna di bambù; è colorata all’interno di rosso; è luminosa e trasparente come una fiamma di candela; è soffice e flessibile come un petalo di rosa. Ha la grossezza di un dito mignolo (ma, con l’avanzare della pratica, acquistando maggiore abilità, dovrà essere visualizzata non più grossa di una cannuccia da bibita).
VISUALIZZAZIONI
Ai lati del canale centrale, distante da esso non più di un centimetro, scorrono le due nadi laterali: quella di destra (pingala) è rossa e quella di sinistra (ida) è bianca e questi colori sono immateriali e trasparenti come quelli di un arcobaleno. Sono entrambe internamente cave e più sottili del canale centrale: con l’avanzare della pratica, si dovrebbe giungere a visualizzarle sottili come un capello; ida parte dalla narice sinistra e pingala dalla narice destra; entrambe, parallele tra loro, salgono fino alla sommità del capo e da qui scendono, ai lati di sushumna, fino alla base, terminando un paio di dita sotto il canale centrale.
Una volta che la visualizzazione delle tre nadi (o la sua immaginazione) appare chiara e stabile nella mente, si passa alla dinamica della pratica, articolata in tre cicli:
1) con l’indice della mano sinistra si chiude la narice destra, si inspira dalla narice sinistra, immaginando che, con l’aria, una purissima energia in forma di luce chiara, sia emessa come un raggio dal cuore di Buddha Sakyamuni (visualizzato nello spazio di fronte al meditante, assiso in padinasana su un cuscino formato da un loto bianco su cui è adagiato orizzontalmente un disco luminoso come il sole, sopra il quale c’è un altro disco del colore di luna piena); il raggio luminoso emesso dal Buddha penetra con l’aria nella cavità della bianca ida e ne segue il percorso fino alla base della colonna vertebrale; lungo il percorso, l’energia luminosa incontra ostruzioni e impurità causate dai fattori mentali negativi dell’attaccamento e della lussuria e le spinge verso il basso in forma di fumo nero; qui (a circa quattro dita sotto l’ombelico, ma all’interno del corpo), la nadi sinistra bianca è inserita nell’estremità inferiore della nadi destra rossa, in modo che il fumo nero sospinto dal prana luminoso passa da ida a pingala; viene allora liberata la narice destra e, con lo stesso indice della mano sinistra, viene chiusa la narice sinistra, mentre si espira dalla narice destra e allora il fumo nero (cioè le impurità di ida prodotte dall’attaccamento), spinto dall’energia luminosa, sale all’interno della rossa pingala, esce dalla narice destra e si disperde al di là degli universi, dove non potrà danneggiare nessun essere; questo ciclo di inspirazione dalla narice sinistra ed espirazione dalla narice destra viene eseguito per tre volte di seguito;
2) si passa quindi al secondo ciclo, che è simile al primo: il meditante, con l’indice della mano destra, chiude la narice sinistra, ìnspira dalla narice destra e così fa entrare il prana emesso dal cuore di Buddha nella rossa pingala e ne libera il cavo ìnterno dalle negatività prodotte da odio e avversione, spingendole in basso, sotto l’ombelico, dove, in questa fase, è l’estremità inferiore dì pingala ad essere inserita in quella della bianca ida, in modo che il fumo nero delle impurità dell’odio possa entrare nella nadi sinistra; viene allora liberata la narice sinistra, chiusa quella di destra e si espira, facendo risalire il fumo nero all’interno della bianca ida, fino ad espellerlo dalla narice sinistra e si disperderà, come le impurità dell’attaccamento, al di là dei mondi; anche questo esercizio si ripete per tre volte e così si è purificata prima la nadi sinistra dalle impurità dell’attaccamento e poi la nadi destra dalle impurità dell’avversione;
DOLCE CALORE
3) nel terzo ciclo, con le mani nella mudra della meditazione (v. PARAMITA 1), si inspira da entrambe le narici e il prana scorre liberamente all’interno di ida e pingala, oramai purificate e quindi liberate da ogni ostruzione; in questa fase, le estremità inferiori delle due nadi laterali devono apparire nella visualizzazione inserite nell’apertura inferiore della nadi centrale, sempre al di sotto dell’ombelico; in questo modo, si può visualizzare (e, con il progredire della pratica, anche « sentire ») che i raggi luminosi di prana, assieme all’aria della inspirazione, discesi nelle nadi laterali fin sotto l’ombelico, entrano in sushumna, dove incontrano le impurità ed ostruzioni causate dall’ignoranza e le spingono in sù, sotto forma di fumo nero, sino a farle uscire dall’apertura superiore di sushumna, che, ricordiamo è situata alla radice del naso, tra le sopracciglia (ovviamente, l’aria è espirata dalle narici, ma si deve immaginare esca con il fumo nero dall’apertura di sushumna); anche questo esercizio si ripete per tre volte, cioè per tre respirazioni complete e così anche sushumna viene purificata dalle sue negatività, prodotte dall’ignoranza.
L’intera sequenza dei tre cicli viene ripetuta per tre volte e alla fine si avrà (sempre più vivamente con il proseguire della meditazione) una piacevole sensazione di grande beatitudine che pervade tutto il sushumna, che, liberlo dal fumo della ignoranza, è diventato luminoso e trasparente, trasmettendo al corpo una sensazione di dolce calore. Il meditante si concentrerà per qualche minuto in questa piacevole sensazione.
Infine, con il riaffiorare nella mente del pensiero concettuale, il meditante riflette per qualche minuto sul senso e il valore della meditazione, cioè sulla reale possibilità di liberarsi con le proprie forze (anche l’energia emessa dal Buddha è un prodotto della nostra mente) dalle negatività dell’attaccamento, dell’avversione e dell’ignoranza e sulla purificazione delle nadi che è stata realizzata, aprendo così la strada verso ulteriori avanzate sul sentiero che porta al Risveglio. Questi risultati positivi vengono infine dedicati allo scopo supremo di realizzare al più presto la Buddhità, per essere in grado di aiutare tutti gli esseri senzienti verso la Liberazione. Questa dedica, come la motivazione iniziale, è un elemento caratterizzante di ogni pratica mahayana; ancora una volta con questo ci eleviamo ad una concezione ampia, che trascende ogni nostra aspirazione egoistica.
La pratica di Purificazione delle Nadi è preliminare ad altre pratiche tantriche, in particolare a quella del Tum-mo. Essa ci abitua a scoprire le nostre energie sottili e a individuarne la struttura; è un allenamento particolarmente efficace di concentrazione mentale; contribuisce a rendere flessibile quello che usiamo definire il nostro « Io », liberandolo dall’abitudine di mantenere rigide e concrete le sue funzioni mentali: aumenta la nostra determinazione e la nostra capacità di eliminare i tre più gravi fattori mentali negativi: l’ignoranza, l’avversione e l’attaccamento.
Vincenzo Tallarico
« Il vero secreto di evoluzione è di rendere manifesta la perfezione che già si trova potenzialmente in ogni essere; questa perfezione è stata rinchiusa e la infinita possanza che vi sta dietro, si strugge di esplicarsi ».
PATANIALI
« Nasce l’uomo tenero e fragile, ma quando è morto, è rigido e duro; le piante vive sono flessibili e tenere, quando son morte sono aride e secche. Similmente rigidità e durezza sono compagne della morte, docilità e morbidezza appartengono alla vita ».
LAO-TSE