Tipi psicologici e buddhismo – 1
Prima Parte
di Vincenzo Tallarico
Secondo jung ognuno di noi si rapporta al proprio ambiente attraverso una propria tipologia e con la forte convinzione che la sua esperienza sia generalizzabile: da qui possono nascere le difficoltà di comunicazione interpersonale.
IL TIPO ESTROVERSO
Come possiamo osservare nella vita quotidiana, ognuno si orienta in base ai dati fornitigli soprattutto dal mondo esterno, tuttavia il condizioriamento esercitato da questo può essere più o meno determinante.
Nell’estroverso l’interesse e l’attenzione seguono gli accadimenti obiettivi, principalmente quelli dell’ambiente circostante, e le sue azioni si orientano in base alle influenze esercitate da persone e oggetti esterni. I principi morali del suo comportamento tendono a coincidere con le esigenze della società e a corrispondere alle concezioni morali universalmente accettate; al cambiare di queste cambia anche il suo atteggiamento personale. Estremizzando, si potrebbe dire che il tipo estroverso deve la sua “normalità” da un lato alla sua facilità di inserimento nel sociale, dall’altro al fatto di non pretendere altro dalla vita che di realizzare i suoi obiettivi professionali ed economici. Il punto debole dell’estroverso è la sua scarsa considerazione delle esigenze e necessità soggettive, cosicché un suo atteggiamento eccessivo può trascurare a tal punto se stesso da sacrificare le proprie istanze alle necessità collettive.
Il pericolo dell’estroverso sta nel fatto di venire assorbito dall’oggetto e di perdersi completamente in esso. Possiamo intravedere in queste brevi note la descrizione del moderno uomo occidentale.
Il TIPO INTROVERSO
Il tipo introverso si distingue dal precedente per il suo orientarsi in base a fattori soggettivi piuttosto che in base all’oggetto e al dato obiettivo. Fra la percezione dell’oggetto e il comportamento dell’individuo si inserisce un punto di vista soggettivo che gli impedisce di assumere caratterìstiche corrispondenti al dato obiettivo. La sua coscienza entra in contatto con le condizioni esterne, ma elegge a determinante l’elemento soggettivo: egli si rivolge pertanto a quel fattore della conoscenza che rappresenta la disposizione soggettiva e recettiva di fronte allo stimolo sensoriale.
Mentre il tipo estroverso si richiama prevalentemente a ciò che gli giunge dall’oggetto, l’introverso si appoggia piuttosto su ciò che l’impressione esterna mette in azione in lui.
Problemi di un’ introversione unilaterale saranno un depressivo ritiro dal mondo, una fuga nella dimensione endopsichica in cui gli obiettivi e le gratificazioni che derivano solitamente da un adeguato inserimento nel sociale vengono, invece, narcisisticamente ricercati in una continua produzione di fantasie mentali.
A questo proposito mi preme evidenziare la differenza fra una gioiosa “nisciarana” (rinuncia, in sanscr.) come viene concepita nel sistema buddhista (dove ci si allontana dalle mete mondane per dirigere l’energia psichica in un dialogo con la propria religiosità) e il ritiro dal mondo dello “sconfitto”, di colui che non ha trovato i mezzi e le possibilità per realizzare le proprie aspirazioni.
Per la realizzazione dell’equilibrio mentale, Jung, nel suo libro “Tipi Psicologici”, propone di integrare il proprio atteggiamento dominante, una volta individuato, con il suo opposto, che è stato rimosso e quindi dimenticato. Per esempio un introverso dovrà dialogare con la sua parte estroversa inconscia e integrarla. Si vede qui come Jung proponga inconsapevolmente una “Via di Mezzo” tra i due stati unilaterali di estroversione e introversione.
Se con un artificio concettuale estrapoliamo l’uomo occidentale tipico e lo definiamo estroverso (in quanto scientifico, tecnologico, informatico, ecc.) e definiamo introverso quello orientale (in quanto più riflessivo, calmo, ecc.) possiamo annotare come la proposta junghiana sia anche per un’integrazione fra 0riente e Occidente.
I problemi che sorgono quando si tenta un dialogo fra le due dimensioni psichiche provengono da ambedue: l’estroverso sopravvaluta una realtà oggettiva, dimenticando che l’attività percettiva e conoscitiva non è condizionata solo dall’oggetto ma anche dalle modalità di percezione e di significato che il soggetto attribuisce al fenomeno percepito; l’introverso nega la possibilità che l’oggetto possa avere un fattore decisivo per la conoscenza di sé.
La scuola Madhiamaka, superando la concezione della scuola Cittamatra, a mio parere eccessivamente introversa, si situa in quell’area transizionale posta fra estroversione e introversione unilaterali.
Nella scuola di Nagarjuna i fenomeni esistono, ma non dalla loro parte: cioè, in termini psicologici, l’oggetto esterno esiste ma viene anche rappresentato dalla mente come è stato percepito.
Proseguendo l’esame della tipologia junghiana, introduciamo ora le quattro “funzioni psicologiche: pensiero, sentimento, sensazione e intuizione.
Per Jung la funzione psicologica è “una certa forma di attività psichica che in circostanze diverse rimane fondamentalmente uguale a se stessa. Considerata dal punto di vista energetico, la funzione è una forma di manifestazione della libido (cioè energia psichica) che, pur variando le circostanze, rimane fondamentalmente uguale, press’a poco come la forza fisica può essere considerata di volta in volta come forma di manifestazione dell’energia fisica” (C.C.fung, Tipi Psicologici, Opere Complete vol.VI, p.445, Boringhieri ’81)
Secondo la concezione junghiana, la nostra psiche di solito opera soprattutto con una funzione, detta principale. Può poi aver differenziato una seconda funzione, mentre le altredue, più inconsce, le risultano estremamente difficili da contattare. Combinando i due tipi di atteggiamento e le quattro funzioni, e considerando per brevità solo la funzione dominante conscia e il suo opposto, la funzione inferiore inconscia, avremo otto tipi psicologici:
TIPO ESTROVERSO con:
1) Funzione dominante (F.D.):
pensiero estroverso,
Funzione inferiore (F.I.):
sentimento introverso
2) F.D.: sentimento estroverso e
F.I.: pensiero introverso
3) F.D.: sensazione estroversa e
F.I.: intuizione introversa
4) F.D.: intuizione estroversa e
F.I.: sensazione introversa
TIPO INTROVERSO con:
1) F.D.:pensiero introverso e
F.I.: sentimento estroverso
2) F.D.: sentimento introverso e
F.I.: pensiero estroverso
3) F.D.: sensazione introversa e
F.D.: intuizione estroversa
4) F.D.: intuizione introversa e
F.D.: sensazione estroversa
l. Inizierò col descrivere il tipo “estroverso con funzione dominante pensiero estroverso e funzione inferiore sentimento introverso”.
Quando il primato tra le funzioni psichiche tocca al pensiero, cioè quando l’individuo porta a compimento l’opera della sua vita principalmente sotto la guida della riflessione intellettuale, di modo che i suoi atti siano generalmente frutto di motivazioni intellettuali, si ha il tipo “di pensiero”. Possiamo trovare questo tipo fra gli organizzatori, gli alti funzionari, gli amministratori, gli uomini d’affari, gli avvocati, gli scienziati. Un tale uomo attribuisce alla realtà obiettiva, sia rispetto a se stesso che al suo ambiente, un’importanza decisiva. Egli pone l’enfasi sull’oggetto, noti sull’idea, e non si batterà per gli ideali, poiché tutta la sua mente è assorbita dalla situazione oggettiva. Di solito è inconsapevole delle proprie motivazioni e idee personali. La morale di questo tipo è in genere ingenua e collettiva, per cui egli è convinto che essa sia accettabile universalmente e indispensabile al bene dell’umanità.
I problemi per il tipo di pensiero estroverso verranno dalla mancata attenzione che egli dedica alla sua funzione inferiore che, rimossa, viene a caricarsi di energia psichica incontrollata, creando stati emotivi che non possono venire gestiti.
Tale funzione inferiore è qui il sentimento introverso, dal momento che il tipo di pensiero estroverso, in cui l’elemento soggettivo rimane sullo sfondo della personalità, provoca l’esclusione di tutte le esperienze importanti della vita legate al sentimento. Vengono represse tutte le forme della vita legate al sentimento, cosicché la creatività artistica, le esperienze religiose, le passioni, vengono ignorate totalmente dalla coscienza, provocando un impoverimento della personalità.
Esteriormente il tipo di P.E. sembra non provare forti sentimenti; il suo sentimento è assolutistico e può improvvisamente manifestarsi in episodi di fanatismo distruttivo, poiché egli non riesce a concepire che altri possano avere valori diversi dai propri, nei quali non ha dubbi, essendo essi di carattere infantile ed eccessivamente semplicistici.
2. Il tipo “di sentimento estroverso e pensiero introverso” si caratterizza per una valutazione e una relazione adeguata con gli oggetti esterni. Farà amicizia con estrema facilità, avrà pochissime illusioni sulla gente, ma sarà capace di giudicarne gli aspetti negativi e positivi in modo equilibrato.
Questi tipi sono di solito ricercati per il loro modo di gestire le relazioni e riescono a ottenere facilmente quello che vogliono: la loro vita scorre con grande, facilità.
La loro adattabilità all’ambiente esterno deriva soprattutto da una gestione produttiva dei propri sentimenti, non perché siano falsi o di convenienza, ma perché il loro sentimento è integrato alla realtà obiettiva. Sono le persone che più genuinamente si sacrificano per gli altri e solo se sono stanchi o depressi si nota che il loro sentimento è ripetitivo e affettato.
Il tipo “di sentimento estroverso” però, non ama pensare: il pensiero è l’elemento rimosso poiché proprio quest’ultimo turba e contrasta con il sentimento. Soprattutto è un pensiero di tipo introverso e con caratteristiche infantili, arcaiche, negative, a volte ipercritiche; esso può essere a volte anche autosvalutante, e di conseguenza questo tipo soffre particolarmente in uno stato di solitudine, quando deve prendere consapevolezza del proprio flusso di pensieri, da cui viene completamente assorbito non avendo abitudine nel gestirlo. Può capitare così che per uscire da una crisi egli diventi un seguace acritico di svariati sistemi filosofici o religiosi che propongono una teorizzazione bella e pronta, in grado di sottrarlo al gravoso compito di un pensare personalizzato.
3. Per il tipo “di sensazione estroversa con funzione inferiore di intuizione introversa” è facile ricevere sensazioni dagli oggetti esterni e mettersi in relazione con essi in modo pratico e concreto. Sono tipi dotati di grande memoria e orientamento spaziale e di grande spirito di osservazione dei dettagli.
Questo tipo è in grado di mettersi in rapporto con gli oggetti esterni in un modo più rapido e oggettivo rispetto agli altri tipi. Per lui la sensazione è concreta manifestazione di vita e rivolta verso un godimento concreto; cosi pure la sua moralità, giacché un vero godere ha per lui una morale intrinseca, leggi sue proprie. Può attuare un’alta differenziazione della sua attività sensoriale acquistando un alto giudizio estetico, oppure, al contrario, cadere in un’affannosa ricerca delle convenzionali fonti di piacere.
I problemi, per questo tipo, provengono da scarsa consapevolezza della funzione di intuizione introversa, cioè di quella funzione che comprende il mondo della fantasia, del magico, del religioso. Può disprezzare anche il pensiero, quando assume una caratteristica di astrazione. Tutto ciò che assomiglia a congettura, a presentimento, a qualcosa di intuitivo, suona sgradevole. La sua intuizione è un presagio di sventura, oppure assume una forma di sospettosità. Normalmente le intuizioni di questo tipo riguardano se stesso, in forma di fantasie su possibili malattie o altre disgrazie che potrebbero capitargli. Ma se si lascia andare, potrà raccontare bellissime fiabe, o addirittura inventarle, creando un’atmosfera incantata.
4. In Psicologia Analitica l’intuizione rappresenta la capacità di intuire in anticipo ciò che al momento non è ancora visibile, le potenzialità future esistenti sullo sfondo di una situazione.
Il tipo “intuitivo estroverso e funzione inferiore di sensazione introversa” applica queste facoltà al mondo esterno, quindi è molto abile nel prevedere gli sviluppi futuri dell’ambiente che lo circonda e non lo si trova là dove sono da ricercarsi valori di realtà universalmente riconosciuti, ma sempre dove sussistono nuove possibilità. Un simile tipo è piuttosto comune, per esempio, tra gli uomini d’affari che hanno il coraggio di fabbricare e vendere prodotti di avanguardia.
Nella coscienza, la funzione intuitiva è rappresentata da un certo atteggiamento di attesa, da un contemplare e guardare dentro alle cose: in questo ambito soltanto un fatto o un risultato successivo potrà dimostrare che quanto è stato colto esisteva già profondamente nell’oggetto.
In questo tipo l’adattamento psichico si fonda quasi esclusivamente su intuizioni, mentre il pensiero, il sentimento e la sensazione sono più o meno rimossi, soprattutto la sensazione, dato che essa, in quanto funzione sensoriale cosciente, ostacola più di tutte l’intuizione.
Per il tipo intuitivo ogni situazione ripetitiva della vita diventa facilmente una prigione, qualcosa da cui fuggire, dal momento che per lui una cosa vale se ha la capacità di schiudere nuove possibilità che la oltrepassino, e che quindi liberino l’individuo da essa.
L’intuitivo estroverso in genere non si cura del proprio corpo e dei propri bisogni fisici, non sa di avere reazioni endosomatiche, essendo la sua sensazione introversa e perciò ritratta dal mondo esterno e dalle sue faccende. Il tipo intuitivo estroverso non cura la sensazione e il suo oggetto perché non lo vede, ed è interessato più alla potenzialità dell’oggetto che al suo significato reale.
La seconda parte dell’articolo, che contiene anche interessanti indicazioni per una maggiore comprensione delle diversificazioní della pratica buddhista, apparirà sul prossimo numero di siddhi (n.4 ottobre 1991).
Vincenzo Tallarico è laureato in psicologia a Roma, con la tesi “La concezione dell’Io nella psicologia junghiana e nella scuola buddhista madyamaka”. E’ corsista dell’Associazione Italiana di Psicologia funghiana (A.I.P.A) e terapista del gioco della sabbia. E’ praticante di buddhismo da diversi anni.